Lo sapevate che le discariche più grandi del mondo si trovano negli oceani?
A partire dagli anni Cinquanta, infatti, alcune correnti marine dotate di un movimento a spirale in senso orario hanno permesso ai rifiuti galleggianti inorganici di aggregarsi tra loro, formando estesi agglomerati conosciuti come “Isole di plastica”. Ne esistono cinque: due nell’Oceano Pacifico, due in quello Atlantico e una in quello Indiano. La più estesa, chiamata Pacific Trash
Vortex, si trova tra la California e le Hawaii e possiede una superficie pari a quella del Texas. Se considerate tutte assieme, si passa addirittura a un’estensione di quasi 16 milioni di km quadrati.
La bonifica di queste aree è impossibile, poiché i materiali non si biodegradano, ma si limitano soltanto alla fotodegradazione: per effetto del sole si scompongono in particelle minuscole che rimangono in ogni modo dei polimeri, perciò impossibili da digerire. Queste particelle galleggianti assomigliano al plancton, e spesso ingannano gli animali marini, che se ne cibano. Inoltre, questi polimeri sono anche difficili da scorgere attraverso i rilevamenti satellitari, per cui solo chi vi si è trovato in mezzo, come il ricercatore oceanico Charles Moore, ha potuto constatarne l’esistenza.
E nonostante la documentazione scientifica non manchi, è però raro che la gente comune ne abbia sentito parlare. Così, l’architetto, designer e artista Maria Cristina Finucci ha deciso di sensibilizzare l’opinione pubblica attraverso un progetto artistico. Come dice lei stessa: “L’arte ha un effetto diverso: può con la potenza delle immagini e delle azioni smuovere nel profondo laddove il pensiero razionale non ha avuto presa”. Così ha voluto fondare uno Stato - con tanto di bandiera, lingua ufficiale, Costituzione e cartoline ironiche - riconosciuto dall’UNESCO lo scorso aprile. Ovviamente, questo Settimo Continente è uno Stato fittizio, ma ha lo scopo di mettere in luce problemi reali.
A partire dagli anni Cinquanta, infatti, alcune correnti marine dotate di un movimento a spirale in senso orario hanno permesso ai rifiuti galleggianti inorganici di aggregarsi tra loro, formando estesi agglomerati conosciuti come “Isole di plastica”. Ne esistono cinque: due nell’Oceano Pacifico, due in quello Atlantico e una in quello Indiano. La più estesa, chiamata Pacific Trash
Vortex, si trova tra la California e le Hawaii e possiede una superficie pari a quella del Texas. Se considerate tutte assieme, si passa addirittura a un’estensione di quasi 16 milioni di km quadrati.
La bonifica di queste aree è impossibile, poiché i materiali non si biodegradano, ma si limitano soltanto alla fotodegradazione: per effetto del sole si scompongono in particelle minuscole che rimangono in ogni modo dei polimeri, perciò impossibili da digerire. Queste particelle galleggianti assomigliano al plancton, e spesso ingannano gli animali marini, che se ne cibano. Inoltre, questi polimeri sono anche difficili da scorgere attraverso i rilevamenti satellitari, per cui solo chi vi si è trovato in mezzo, come il ricercatore oceanico Charles Moore, ha potuto constatarne l’esistenza.
E nonostante la documentazione scientifica non manchi, è però raro che la gente comune ne abbia sentito parlare. Così, l’architetto, designer e artista Maria Cristina Finucci ha deciso di sensibilizzare l’opinione pubblica attraverso un progetto artistico. Come dice lei stessa: “L’arte ha un effetto diverso: può con la potenza delle immagini e delle azioni smuovere nel profondo laddove il pensiero razionale non ha avuto presa”. Così ha voluto fondare uno Stato - con tanto di bandiera, lingua ufficiale, Costituzione e cartoline ironiche - riconosciuto dall’UNESCO lo scorso aprile. Ovviamente, questo Settimo Continente è uno Stato fittizio, ma ha lo scopo di mettere in luce problemi reali.
In occasione della 55. Biennale d’Arte di Venezia, che mette in mostra in tutta la città opere provenienti da 88 Nazioni, quest’artista ha voluto riservare uno spazio proprio a questo “89° Stato” presso l’Università Ca’ Foscari grazie al progetto “Wasteland”: il cortile dell’Ateneo è stato invaso da una marea di tappi di plastica, imbrigliati da reti, che sconfinano verso il Canal Grande e la laguna come metafora dei rifiuti che invadono il mare e gli oceani. All’interno dell’edificio è stata invece allestita la video-opera “Dentro”, che simula una vera e propria immersione a 360° in un mare di plastica.
Purtroppo, il Garbage Patch State è un territorio in continua espansione ed è privo di confini definiti, in quanto, come si legge sul sito http://www.garbagepatchstate.org, “questi variano continuamente a causa del continuo afflusso di migranti che accrescono la popolazione e il territorio dello Stato”.
E chi sono i cittadini di questo Stato? Siamo tutti noi, perché “per ogni piccolo pezzo che lo compone, c’è una persona che lo ha abbandonato nell’ambiente”.
Did you know that the biggest garbage dumps of the world are located in oceans?
Indeed, since the Fifties, some sea streams characterized by a clockwise spiral movement allowed inorganic floating wastes to join one another and form extended conglomerates known as “Plastic Islands”. Presently, there are five: two in the Atlantic Ocean, two in the Pacific and one in the Indian. The most extended one, called Pacific Trash Vortex, is located between California and Hawaii and its surface is the size of Texas. And, if we consider all these areas as a whole, we even get to an extension of almost 16 million square kilometers.
The recovery of these areas is impossible, since the materials do not biodegradate, but they photodegradate only: sunlight decomposes them in tiny particles that remain polymers anyway, which means that they are impossible to digest. These
floating particles look like plankton and they often mislead sea animals, which end up ingesting them. Moreover, these polymers are also difficult to be seen through satellite surveying. Indeed, only those that found themselves among them
– like the oceanographic researcher Charles Moore – managed to furnish proof of their existence.
And even though there is plenty of scientific information materials, people have rarely heard of this phenomenon. For this reason, architect, designer and artist Maria Cristina Finucci decided to spread awareness through an
artistic project. As she says: “Art has a different effect: thanks to the power of images and actions, it can sensitize us deeply, where rational thought cannot go”. Therefore, she wanted to found a State – provided with a flag, an official
language, a Constitution and even ironic postcards – which was recognized by UNESCO last April. Obviously, this Seventh Continent is a fake State, but it aims to highlight real problems.
Indeed, since the Fifties, some sea streams characterized by a clockwise spiral movement allowed inorganic floating wastes to join one another and form extended conglomerates known as “Plastic Islands”. Presently, there are five: two in the Atlantic Ocean, two in the Pacific and one in the Indian. The most extended one, called Pacific Trash Vortex, is located between California and Hawaii and its surface is the size of Texas. And, if we consider all these areas as a whole, we even get to an extension of almost 16 million square kilometers.
The recovery of these areas is impossible, since the materials do not biodegradate, but they photodegradate only: sunlight decomposes them in tiny particles that remain polymers anyway, which means that they are impossible to digest. These
floating particles look like plankton and they often mislead sea animals, which end up ingesting them. Moreover, these polymers are also difficult to be seen through satellite surveying. Indeed, only those that found themselves among them
– like the oceanographic researcher Charles Moore – managed to furnish proof of their existence.
And even though there is plenty of scientific information materials, people have rarely heard of this phenomenon. For this reason, architect, designer and artist Maria Cristina Finucci decided to spread awareness through an
artistic project. As she says: “Art has a different effect: thanks to the power of images and actions, it can sensitize us deeply, where rational thought cannot go”. Therefore, she wanted to found a State – provided with a flag, an official
language, a Constitution and even ironic postcards – which was recognized by UNESCO last April. Obviously, this Seventh Continent is a fake State, but it aims to highlight real problems.
On the occasion of the Venice 55th International Art Exhibition, which shows all over the city creative works from 88 Nations, this artist wanted to give a space to this “89th State” at the Ca’ Foscari University through the “Wasteland” project: the courtyard of the Academy has been invaded by a mass of plastic tops - curbed by nets - trespassing towards the Grand Canal and
the lagoon as a metaphor about wastes invading seas and oceans. Besides, inside the building, the video “Dentro” (“Inside”), which simulate a real 360-degree immersion in a plastic sea, has been set up.
Unfortunately, the Garbage Patch State keeps on expanding without well-defined borders. Indeed, according to the website http://www.garbagepatchstate.org, “these keep on changing because of the continuous inflow of migrants, who increase the
population and the territory of the State”.
And what about the citizens of this State? It’s us… since “for each small piece that composes it, there is a person that abandoned that piece in the environment”.
By Paola - ISF_ItS Coordinator